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La Bandiera Romanì Conquista l’Everest

Un'impresa Storica per Rom e Sinti di Tutto il Mondo

ABRUZZO – Il 27 aprile scorso ha segnato una data importante nella storia del popolo romanì. Gennaro Spinelli, abruzzese, presidente nazionale dell’UCRI (Unione delle Comunità Romanès in Italia), artista, attivista e instancabile portavoce della cultura romanì a livello globale, ha compiuto un’impresa straordinaria: ha portato per la prima volta la bandiera romanì sulla vetta dell’Everest, la montagna più alta del mondo. Un atto di coraggio, determinazione e profonda significatività simbolica.

Gennaro Spinelli ha dichiarato ancora vibrante di emozione:

«Portare per la prima volta nella storia la bandiera romanì sull’Everest è stato un onore immenso! La nostra bandiera è il nostro simbolo, la nostra forza e il nostro futuro! Portarla sulla montagna più alta del pianeta è il simbolo della bellezza, grandezza e forza della cultura romanì che dopo migliaia di anni vuole esistere e pretende di farlo con dignità in tutto il mondo».

Quel giorno, la bandiera romanì ha toccato il cielo rarefatto della cima dell’Everest, a oltre 5500 metri di altitudine e con temperature rigide fino a -20 gradi. Un’impresa che ha richiesto una marcia estenuante di 150 chilometri attraverso terreni impervi, tra pietre, ghiaccio e venti gelidi. Nello zaino di Spinelli non c’erano solo provviste, ma anche il peso della memoria, l’orgoglio di un popolo e la forza dei suoi sogni.

La  bandiera portata sulla vetta non era un vessillo qualsiasi. Essa recava le firme di Rom, Sinti e attivisti per la cultura romanì provenienti da tutta Europa, testimonianze viventi di una comunità resiliente, creativa e custode della propria storia.

«Portare la nostra identità lassù è stato come portare il nome di tutte le nonne, i padri, i figli e le figlie che hanno camminato, spesso scalzi, spesso soli, ma mai piegati» ha dichiarato Spinelli, sottolineando la profonda connessione tra questo gesto e la storia di resistenza e dignità del suo popolo. «Un gesto di resistenza come quello dei partigiani, un gesto di dignità come tutti gli esseri umani».

Questa storica impresa ha ricevuto il patrocinio morale dell’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali presso Palazzo Chigi e la presidenza del consiglio dei ministri, tramite il suo direttore Mattia Peradotto, e il sostegno morale dell’ANPI NAZIONALE, attraverso il suo presidente Gianfranco Pagliarulo, e della . Queste organizzazioni da anni si dedicano alla promozione della cultura romanì e oggi hanno contribuito a spingerla fino al punto più remoto del pianeta.

L’iniziativa, promossa dall’UCRI nel mese dell’orgoglio Rom, ha avuto l’obiettivo di unire simbolicamente le voci e le storie del popolo romanì di tutto il mondo. Non si è trattato di una semplice scalata, ma di un gesto simbolico e potente, un ponte ideale tra le vette dell’Himalaya e le terre d’Abruzzo, dei Balcani, del Rajasthan e di tutta Europa. Un percorso millenario intriso di dolore, bellezza e indomita tenacia.

Un sentito ringraziamento è stato rivolto agli Sherpa, ai tecnici, alle comunità locali e a tutti coloro che, con il loro sostegno morale e pratico, hanno reso possibile questa straordinaria visione.

Oggi, la bandiera romanì sventola sull’Everest. Oggi, Rom e Sinti di tutto il mondo possono sentirsi ancora più fieri della propria identità e della propria storia. Un giorno che rimarrà scolpito nella memoria di un popolo che, con orgoglio e dignità, continua il suo cammino nel mondo.

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Patrizia Boi

Scrittrice di fiabe, favole e leggende, pubblica anche romanzi, racconti, saggi e biografie. Collabora con varie riviste scrivendo articoli, recensioni e interviste. Incontra talenti del mondo della Letteratura, dell’Arte, della Musica, del Cinema, del Teatro, delle Discipline Olistiche e della Scienza popolando così le sue giornate di nuove scoperte.

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