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Pompei la grande influenza della civiltà egizia nel bacino del Mediterraneo

Roma – Chiara Cavalieri

La presenza dell’Egitto a Pompei racconta la conquista ma, al tempo stesso, la profonda influenza e assimilazione della cultura egiziana nel comprensorio pompeiano. Una storia che, travalicando i confini della città vesuviana, rappresenta una delle più significative e durature relazioni dell’Impero Romano dal punto di vista politico, culturale, economico e religioso.
In particolare uno studio, pubblicato sull’American Journal of Archaeology, riguarda le scene nilotiche che decorano il sito archeologico pompeiano, e si presta perfettamente per ricostruire quella che fu la grande influenza della civiltà egizia nel bacino del Mediterraneo.
Un percorso che si snoda in un itinerario di visita con il suo fulcro nel Tempio di Iside, toccando poi numerose domus in cui il racconto si articola attraverso le iconografie dipinte, affreschi con motivi egittizzanti, pigmei, ambientazioni nilotiche e legate a culti egiziani. Le strutture coinvolte sono la Praedia di Giulia Felice, casa di Octavius Quartio, Casa del Frutteto, casa dell’Efebo, casa del Criptoportico, casa del Menandro, palestra grande, tempio di Iside, casa dei Pigmei, casa degli Amorini dorati, Villa dei Misteri.
I complessi disegni della Casa dell’Efebo, una delle case più grandi della città prima che venisse in gran parte distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., mostrano una serie di affreschi nilotici con coccodrilli, ippopotami, fiori di loto e uomini di bassa statura che combattono contro bestie feroci.
I dipinti della Casa dell’Efebo furono realizzati dopo che l’Egitto fu incorporato nell’Impero Romano, ma diverse generazioni dopo la conquista iniziale dell’Egitto da parte di Augusto.
Alcuni ricercatori hanno fatto ricorso a spiegazioni che enfatizzano la religione: forse i dipinti di paesaggi egizi hanno a che fare con l’interesse per le divinità egizie.
Altri hanno interpretato questi dipinti come dichiarazioni politiche: forse si tratta di celebrare la conquista dell’Egitto.
Un periodo di intensi cambiamenti sociali e politici all’inizio dell’Impero romano, le pitture del Nilo nella casa pompeiana offrirono agli abitanti l’opportunità di confrontarsi con le mutevoli identità locali e imperiali romane e di ricreare un microcosmo del mondo in cui vivevano.
A volte le persone immaginano che fenomeni come la globalizzazione siano creazioni del mondo moderno. In effetti, se si guarda all’Impero Romano, ci sono molti parallelismi per alcune delle interazioni interculturali che sono anche parte integrante del nostro mondo contemporaneo

Nel 2023 e’ stata consegnata al Parco Archeologico di Pompei la nuova opera filmica dell’artista egiziano Wael

Shawky (ospite al Padiglione Egitto della Biennale di Venezia 2024) I Am Hymns of the New Temples –

( انا تراتيل المعابد الجديدة)

, insieme a due opere inedite su carta e a un’opera scultorea dalla forma e funzione di un’antica  maschera teatrale, utilizzata fra gli elementi scenografici e coreografici del film.

La produzione dell’opera – vincitrice del bando PAC – Piano per l’Arte Contemporanea 2020 promosso e sostenuto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea – è il risultato della collaborazione fra il Ministero della Cultura e il Parco Archeologico di Pompei nel contesto di Pompeii Commitment.

Girata nell’estate del 2022 fra le rovine dell’antica città di Pompei colpita dall’eruzione del vulcano Vesuvio nel 79 DC, la nuova opera filmica di Shawky mostra ciò che affiora alle soglie fra le diverse culture, sia antiche che contemporanee, che rendono il Mediterraneo un vero e proprio teatro in cui si sovrappongono fra loro narrazioni e miti differenti. Basando la sua ampia narrazione su una rigorosa ricerca d’archivio, Shawky rimette in scena le stratificazioni anche contraddittorie della storia, rappresentando la genesi di una pluralità di antichi racconti leggendari attraverso le molteplici e ulteriori versioni che, dello stesso racconto, è possibile rintracciare sulle coste del Mar Mediterraneo.

Già fonte di meraviglia per il moderno Grand Tour occidentale e oggetto di continue scoperte tra XVIII e XIX secolo, i resti archeologici pompeiani testimoniano del resto l’articolato intreccio e la complessa configurazione delle culture/nature mediterranee. La Pompei antica, sede di intensi scambi commerciali, ospitava infatti non solo templi connessi alla religione greco-romana ma anche ai culti egizi (il Tempio di Iside fu dissepolto all’inizio del Grand Tour con i suoi stucchi, statue, affreschi e suppellettili) e ai riti misterici di Mitra, Cibele, Attis, recando innumerevoli tracce di iconografie di per sé sincretiche, testimoniate dalle aree archeologiche utilizzate come set, fra cui Praedia di Giulia Felice, Casa del Frutteto, Odeion, tempio di Vespasiano (Genius Augusti), Tempio di Iside, Necropoli di Porta Nocera, Basilica.

Shawky ha offerto così una lettura ipotetica degli antichi miti di divinità, personaggi fittizi o figure storiche reali, incarnati nell’insieme poroso di templi, sculture, affreschi, mosaici ma anche paesaggi pompeiani in costante trasformazione. Unendo nella sua rappresentazione fantastica e multi-specie esseri immaginifici e esseri umani, piante e animali, Shawky intende Pompei come un multiverso di potenzialità narrative e storiche e come un .ecosistema sia culturale che naturale disponibile alla metamorfosi e all’interpretazione

 

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