Intervista alla poetessa Pamela Petrolati
Antonio Deganutti
(Assadakah News )
La poetessa Elisabetta Petrolati riesce ad unire, qualità oramai rara nei poeti d’oggi, quella profonda melanconia tipica di un romanticismo vetusto ma sempre vivo nelle sue vibrazioni con la speranza tipica di chi possiede una fede incrollabile sulle capacità dell’uomo di rimettersi in piedi dopo mille cadute e non abbandonare i propri ideali.
lisabetta Pamela Petrolati, poetessa. Quando scopre la
?sua arte
Ho cominciato da molto piccola a scrivere i miei pensieri che, nelle mie intenzioni fanciullesche erano “poesie“. Scritti che sono andati perduti perché non davo loro importanza., Era un mio modo naturale di esprimermi. Da ragazza regalavo versi anche in occasione di compleanni o eventi tra amici. Poi ho smesso di scrivere per molti anni, presa dagli studi, dai concorsi, dal lavoro, dalla famiglia. Ho continuato ad amare la poesia attraverso la lettura e il suo utilizzo come metodo trasversale nell’insegnamento. Infatti il mio lavoro di docente nella scuola primaria (ordine scelto per personale attitudine) mi ha sempre consentito di unire le mie due grandi passioni: l’insegnamento e la poesia.
Ho ripreso a scrivere relativamente di recente, a seguito di uno di quegli eventi che potrebbero sembrare casuali ma che invece determinano un prima e un dopo. Come se per anni avessi accumulato immagini, sensazioni, vissuti che aspettavano il momento giusto per poter essere espressi. Di fatto, quasi improvvisamente, ho ripreso a scrivere senza potermi più fermare. La lunga sedimentazione a un certo punto ha cominciato a dare i suoi frutti, e ora mi è impensabile non utilizzare questo canale espressivo. La mia visione del mondo, l’elaborazione dei miei pensieri ed emozioni hanno sempre avuto come linguaggio interiore quello poetico e ora, attraverso la scrittura, trovano un canale di espressione esteriore e di condivisione.
Le sue opere, a prima lettura, sono un perfetto connubio tra un sentire melanconico e una luce di speranza. Ne conviene ? e
Sì, ne convengo. Fin da bambina ho provato questo senso di malinconia che ha sempre accompagnato la mia crescita e caratterizzato il mio vissuto di donna. Un senso del perduto, del non visibile, dell’inquietudine, della sofferenza umana, del trascendente, dell’infinito… La speranza è la faticosa risposta agli eventi della vita, è concretezza e sguardo avanti, è un patto con l’esistenza. A un certo punto dell’esistenza, a seguito di prove molto dure, ho deciso di alimentare la mia fiamma interiore e di non permettere a nessuno di cercare di spegnerla. Questa fiamma diffonde la sua luce anche nel buio e di questa sostanza sono composti i miei testi. Le mie poesie non sono frutto di esercizi letterari, in ciascuna c’è una parte di me e del mio sentire, sia vissuto e sperimentato sia immaginato e sperato. Le mie poesie parlano di me e del mio mondo interiore, tra luci e ombre parlano delle mie verità.
Ha in mente qualche nuovo libro oltre a quelli già editi (“Come per immagini”, “Tracce di senso”, “Lo stato del mai”?)
È uscito da poco il mio quarto libro “Sull’orlo dell’amore” ed. Calamus, 2024. Un libro a cui tengo molto che ho suddiviso in due sezioni: la prima tratta i temi del conflitto, della guerra, della pace, con particolare riferimento alla situazione Palestinese, infatti molte poesie sono dedicate a ciò che sta succedendo a Gaza. La seconda parte, quale risposta all’odio, agli interessi, al buio dell’anima, si compone di poesie d’amore. Il titolo intende esprimere il concetto che la vita umana si svolge e si decide al confine, all’orlo, alla svolta di una scelta: l’odio o l’amore.
Ho in serbo poi una futura pubblicazione che sarà dedicata a mie “visioni” orientali. Per scaramanzia ne parlerò in futuro.
Lei da anni si batte per i diritti del popolo palestinese, che da ottobre 2023 sembra essere stato destinato al macello per responsabilità di un tirannico governo israeliano. Oltre alla poesia e alle parole come si può reagire a tale scempio ?o
La situazione palestinese mi fa soffrire in modo indicibile, come penso accada alla maggioranza delle persone, per questo ho voluto dedicare il mio ultimo libro a questa terra sacra quanto martoriata. Un anno fa, prima dei fatti del 7 ottobre 2023, ho effettuato un viaggio in Palestina organizzato dall’Ambasciata Palestinese su invito del dottor Odeh Amarneh, addetto alla cultura dell’Ambasciata, e dell’Unione Generale Scrittori Palestinesi, il cui Presidente è il dottor Murad Sudani, prefatore del mio libro. Sono sempre stata sensibile alla causa palestinese. Sin da piccola ho respirato solidarietà familiare rispetto al popolo palestinese e all’ingiustizia dell’occupazione israeliana del suo territorio. Appena mi è stato proposto di far parte della delegazione di poeti, scrittori, attivisti per la pace, si è avverato per me il sogno di toccare con mano la vita quotidiana dei palestinesi. Inutile dire che è stato scioccante, nonostante non fosse ancora iniziato il genocidio vero e proprio, e ringrazio di cuore gli organizzatori per avermi dato questa opportunità.
Il mio impegno si è dunque moltiplicato e cerco di fare opera di sensibilizzazione quanto più possibile. In realtà ci si sente inermi, inutili, sopraffatti rispetto a quanto sta accadendo. Bisogna stare attenti alle strumentalizzazioni, non ci si sente adeguati ed efficaci. Insomma si è immersi in un un coacervo di sensazioni difficili da gestire. Le parole poetiche di denuncia non sono inutili, la parola è forza dirompente, molto più dei discorsi politici strategici. La poesia trasforma le coscienze, grida al posto di chi non ha voce. In questo senso trovano utilità i dibattiti, i reading tematici, i confronti, le poesie lette, commentate e condivise. Ovviamente non possono e non devono mancare gli atti concreti di solidarietà, le proteste, le manifestazioni, il coraggio del dissenso. Poesia e Pace non possono che andare di pari passo, in parole e azioni.